In base a quanto statuito con la sentenza 24823, depositata il 9/12/2015, per la Cassazione a SS.UU. non esiste nel nostro ordinamento un obbligo generalizzato per l’amministrazione di attivare il contraddittorio prima dell’emissione dell’atto, salvo non sia espressamente previsto per legge.

Si tratta, infatti, di un principio di derivazione comunitaria e pertanto applicabile solo ai tributi «armonizzati». Tuttavia, anche per questa ipotesi, perché operi la sanzione di nullità del provvedimento, occorre che il contribuente dimostri che in tale sede avrebbe concretamente potuto produrre elementi difensivi.
Nel richiamare la prima decisione sul tema (sentenza n. 18184/2013), con la richiamata sentenza viene confermato il principio per cui la garanzia di cui all’articolo 12 comma 7 dello Statuto del contribuente, secondo il quale l’accertamento non può essere emesso prima che siano decorsi 60 giorni dalla consegna del Pvc, è riferita solo alle ipotesi di provvedimenti conseguenti a verifiche eseguite presso la sede del contribuente. Tale interpretazione deriverebbe dal fatto che attraverso l’accesso vi è l’intromissione dell’amministrazione dei luoghi di pertinenza del contribuente alla ricerca di elementi valutativi a lui sfavorevoli. Il contraddittorio rappresenta così la tutela per chiarire gli elementi acquisiti presso i locali.
Con la medesima statuizione sono stati poi analizzati i contenuti dell’altra precedente decisione, sempre delle sezioni unite (n. 19667/2014), con la quale era stato riconosciuto il generale diritto al contraddittorio preventivo quale espressione di un principio immanente nell’ordinamento sia nazionale sia europeo.
Tuttavia, secondo la nuova decisione, in quell’occasione era stato affrontato “solo” il tema con specifico riguardo alle iscrizioni ipotecarie (ex articolo 77 Dpr 602/73) e quindi i principi sanciti erano riferiti alla fase post procedimentale, ossia successiva al perfezionamento dell’atto.
Ad abundantiam, si ricorda che  anche la Corte Costituzionale (sentenza n. 132/2015) si è pronunciata sulla legittimità degli atti emessi per la contestazione di operazioni elusive (articolo 37 bis del Dpr 600/73 ora abrogato), affermando che l’atto è nullo se emesso in violazione del termine dilatorio imposto dal legislatore (60 giorni) e ciò con riferimento a tutti gli accertamenti relativi, più in generale, all’abuso del diritto. Da questi pochi richiami i giudici di legittimità hanno concluso che nel nostro ordinamento non esiste una clausola generale di contraddittorio preventivo, poiché si rinvengono una pluralità di disposizioni che espressamente lo impongono.