Le movimentazioni sul conto bancario del socio non possono innescare l’accertamento nei confronti della relativa società, poiché occorre che l’ufficio dimostri la concreta correlazione tra la movimentazione e la gestione societaria, non essendo, a tal fine, sufficienti mere presunzioni.
Ad affermarlo è la Ctr di Milano – sez. staccata di Brescia – con la sentenza 5512/67/15 depositata il 14 dicembre 2015 (pres. Palestra, rel. Moliterni).
I giudici della Ctr, accogliendo integralmente le ragioni della contribuente, hanno concordato sul fatto che l’ufficio non avesse fornito prova di alcuna corrispondenza tra le operazioni della società e le movimentazioni bancarie rilevate sui conti personali dell’unico socio.
La commissione regionale ha inoltre accolto l’eccezione sulla violazione del diritto al contraddittorio preventivo, poiché l’atto era stato emesso a solo 8 giorni dall’ultimo incontro tra ufficio e contribuente. Questa decisione è in linea, seppure limitatamente all’Iva, con il più recente orientamento delle Sezioni unite (24823/2015) della Corte di Cassazione secondo il quale il contraddittorio preventivo per gli accertamenti a “tavolino” spetta solo per i tributi armonizzati, perché si tratta di un principio sancito dalla Corte di Giustizia e non espressamente previsto nel nostro ordinamento per ogni tipologia di atto impositivo.

Ctr-Lombardia-5512-67-2015